Danno da spamming? Solo se intollerabile

Danno da spamming? Solo se intollerabile
24 Febbraio 2017: Danno da spamming? Solo se intollerabile 24 Febbraio 2017

Per Corte di Cassazione, n. 3311/2017 il cd. danno da spamming, derivante dall’invio non autorizzato di e-mail pubblicitarie sulle caselle degli utenti in modo indiscriminato e massivo, non si sottrae alla verifica della “gravità della lesione” e della “serietà del danno”. Non comporta, pertanto, alcun danno risarcibile il fatto di aver ricevuto poche e-mail indesiderate, di contenuto pubblicitario, ciò costituendo, al più, un modesto disagio o fastidio senz’altro tollerabile. I FATTI. Un avvocato milanese aveva convenuto in giudizio la Società Italiana Avvocati Amministrativisti (SIAA), lamentando come questa gli avesse inoltrato, senza il suo consenso, vari messaggi di posta elettronica di contenuto pubblicitario. La convenuta aveva contestato le pretese attoree, sulla base di due principali argomentazioni. Innanzitutto, alla luce dell’art. 24, I co. lett. C) d.lgs. 196/2003 cd. Codice della privacy (che autorizza il trattamento dei dati provenienti da pubblici elenchi o registri senza il consenso dell’interessato), non sarebbe stato necessario alcun consenso da parte dell’attore, in quanto la SIAA aveva estrapolato il contatto e-mail di quest’ultimo dall’elenco pubblico fornitogli dall’Ordine degli Avvocati di Milano. Non vi sarebbe stata, poi, alcuna prova dell’esistenza di danni ricollegabili alla propria condotta. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 13 dicembre 2012, aveva rigettato la domanda poiché, a prescindere dai profili relativi alla legittimità del trattamento dei dati personali, non v’era stata alcuna prova dell’esistenza e dell’entità del danno, avendo la SIAA inoltrato solo dieci e-mail nell’arco di tre anni. Il preteso danneggiato ha azionato ricorso per cassazione per saltum, lamentando, in particolare, come il Tribunale avesse erroneamente esaminato la domanda risarcitoria sotto il profilo della responsabilità civile di diritto comune (ex art. 2043 c.c.), anziché a norma dell’art. 2050 c.c. richiamato dall’art. 15 Codice della Privacy.  LA SENTENZA. La Cassazione ha rigettato il ricorso dell’avvocato, ritenendo che il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 15 Codice della Privacy, sub specie danno da spamming, non sia sottratto alla verifica della “gravità della lesione” e della “serietà del danno”, in quanto “anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex art. 2 Cost., di cui il principio di tolleranza della lesione minima è intrinseco precipitato”. La sentenza ha, infatti, affermato che “determina una lesione ingiustificabile del diritto non la mera violazione delle prescrizioni poste dall’art. 11 del medesimo codice [della Privacy, sul trattamento dei dati personali, n.d.r.] ma solo quella che ne offenda in modo sensibile la sua portata effettiva”. L’avvocato, oltre ad aver visto rigettata la propria domanda, è stato altresì condannato per responsabilità aggravata ex art. 96, III co. c.p.c., per aver abusato dello strumento processuale, azionando una domanda risarcitoria per un danno tollerabile. Infatti, il ricorrente “ha percorso tutti i gradi di giudizio per un danno, indicato in Euro 360,00, ipotetico e futile, consistente al più in un modesto disagio o fastidio, senz’altro tollerabile, collegato al fatto, connesso ad uso ordinario del computer, di avere ricevuto dieci email indesiderate, di contenuto pubblicitario, nell’arco di tre anni”.

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